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Dirette televisive su internet

serve il via libera del governo

In Consiglio dei ministri decreto su web e tv, scontro sul taglio degli spot Sky

Gentiloni (Pd): il solito regalo di Natale a Mediaset.

I produttori in allarme

2009-12-14

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ST

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2009-12-16

gentiloni: "sarebbe un ribaltone del sistema televisivo". Via libera al canale "cielo"

Tagli alla pubblicità di Sky,

il Pd: "No al decreto per Mediaset"

Romani: "Possibili diverse quote di affollamento laddove ci sono altri ricavi, come canone e abbonamento"

Paolo Romani (Newpress)

Paolo Romani (Newpress)

MILANO - È ancora una bozza, ma fa già discutere. L'opposizione alza la voce contro l'ipotesi di "tagli" alla pubblicità di Sky, contenuta nel provvedimento che recepisce la nuova direttiva Ue sulla Tv senza frontiere. La presentazione del testo potrebbe avvenire già al Consiglio dei ministri di giovedì. E mentre gli uffici del Ministero delle Comunicazioni "hanno firmato l'autorizzazione delle trasmissioni di Cielo sul digitale terrestre", il tema del tetto alla pubblicità della pay tv (che secondo quanto scrive Repubblica dovrebsbe scendere dal 18% al 12%) resta sul tavolo. Lo stesso responsabile delle Comunicazioni, Paolo Romani, aveva parlato di questa possibilità in passato. "La decisione sull'introduzione di nuovi tetti di affollamento per gli spot della pay-tv sarà presa entro giovedì" conferma poi. "La direttiva europea, che noi andiamo a recepire, prevede che gli Stati possano decidere" sui tetti di affollamento. "Di conseguenza basta che siano al di sotto di quel 20% stabilito dall'Europa. Quindi era ragionevole che il ministero valutasse questa ipotesi", spiega Romani. Che aggiunge: "Il fatto che il ministero stia verificando la possibilità che è prevista dalla direttiva europea, che all'interno dei diversi mercati ci possano essere affollamenti diversi a seconda che una tv sia free o a pagamento, è un'ipotesi di studio ma questa ipotesi non nasce da una nostra elucubrazione ma dalla Fieg, da alcune emittenti locali e dall'associazione dei consumatori che è l'Adiconsum", conclude Romani.

PD - "Il decreto legislativo preannunciato per il prossimo Consiglio dei ministri - sostiene invece Paolo Gentiloni, responsabile informazione del Pd - sarebbe un vero e proprio ribaltone del nostro sistema televisivo ad uso e consumo delle reti Mediaset. Il blitz, infatti, produrrebbe un aumento di pubblicità per Mediaset incrementando gli affollamenti in alcune fasce orarie, autorizzando una maggiore frequenza di spot e liberando le auto-promozioni dal calcolo degli affollamenti. Risultato: una overdose di spot per le tv di Berlusconi che già raccolgono il 63,8% della pubblicità tv". "La pubblicità - aggiunge Gentiloni - verrebbe invece tagliata di un terzo per gli editori che usano la piattaforma Sky con una ovvia penalizzazione del maggior concorrente commerciale di Mediaset".

FOX - E "Fox Channels Italy" guarda con preoccupazione all'eventuale abbassamento dei tetti pubblicitari al 12% orario per le pay tv. "Siamo fieri di quanto abbiamo fatto in questi anni - dichiara l'amministratore delegato di Fox Channels Italy, Diego Londono - abbiamo investito in contenuti televisivi nuovi e innovativi, dando lavoro a tanti professionisti di talento e contribuito a fare crescere il mercato dell'intrattenimento in Italia. Un eventuale abbassamento dei tetti pubblicitari ci preoccupa per le conseguenze che avrebbe sull'occupazione e sul mercato costringendoci a ridurre gli investimenti e, probabilmente, a dovere tagliare posti di lavoro proprio in un momento in cui servirebbe esattamente il contrario".

 

15 dicembre 2009

 

REPUBBLICA

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2009-12-16

In Consiglio dei ministri decreto su web e tv, scontro sul taglio degli spot Sky

Gentiloni (Pd): il solito regalo di Natale a Mediaset. I produttori in allarme

Dirette televisive su internet

serve il via libera del governo

Dirette televisive su internet serve il via libera del governo

Il governo viene allo scoperto e conferma - con il viceministro Paolo Romani - che il Consiglio dei ministri di domani cambierà le regole della televisione italiana e anche di Internet. Il provvedimento è complesso, sconfinato: parliamo di 100 pagine fitte di articoli e commi.

Il provvedimento, una volta approvato dal governo, sarà subito operativo e non farà alcun passaggio in Parlamento per verifiche o correzioni. Si tratta di un decreto legislativo che gode di una corsia preferenziale assoluta.

Il provvedimento detta nuove regole per Internet; toglie risorse ai produttori tv italiani ed europei; limita la possibilità di Sky di trasmettere spot, come ieri Repubblica ha anticipato.

Anche la Rete, dunque, è oggetto delle attenzioni del governo. All'articolo 21, il decreto dice che il Garante delle Comunicazioni dovrà scrivere un regolamento sui servizi diffusi in "diretta continua su Internet" anche con la tecnica del livestreaming. Poi, sulla base di questo regolamento, il governo autorizzerà i servizi. Sembra di capire che dovranno ricevere una autorizzazione e l'iscrizione a un registro quei siti che vogliono trasmettere eventi, concerti, sport, manifestazioni in diretta via Internet. Vengono equiparati, dunque, a delle vere e proprie tv.

Cattive notizie anche per i produttori televisivi indipendenti. La legge attuale li protegge. Stabilisce che i network televisivi debbano trasmettere film o fiction recenti - prodotti in Italia o in Europa - per il 10% del tempo, soprattutto nelle fasce di maggiore ascolto. I network inoltre devono produrre o comprare opere recenti con il 10% dei loro introiti netti. Queste regole servono a proteggere l'industria culturale italiane ed europea. Ma ora il governo - con il suo decreto - depotenzia molto queste misure di garanzia "dimostrando - accusano Vita del Pd e Giulietti del Gruppo Misto - una discreta cecità".

Il decreto autorizza, poi, il product placement anche alla tv: i concorrenti del "Grande Fratello" mangeranno in cucine di cui si vedrà la marca, per fare solo un esempio. E poi c'è la pubblicità. Oggi Sky può trasmettere spot per il 18% di ogni ora, proprio come Canale 5 o La7. Il governo abbasserà questo tetto al 12%.

Questa specifica norma preoccupa anche gli editori che forniscono propri canali alla pay-tv. La Fox, che assicura a Sky 12 canali tra i più visti sul satellite, ricorda di essere presente in 90 Paesi al mondo: in nessuno di questi, sono in vigore tetti pubblicitari come quelli immaginati dal governo italiano. Oggi Fox impiega 250 persone in Italia. Alcune di queste dovranno andare a casa se il decreto del governo entrerà in vigore così com'è. Si fa viva, poi, l'Associazione delle Televisioni Digitali Indipendenti, che assicurano a Sky altri 50 canali. Francesco Nespega, il presidente, sottolinea che il governo toglie ossigeno ai canali indipendenti nel pieno di una delle più gravi crisi economiche.

"E' Natale - nota invece il deputato del Pd, Paolo Gentiloni - e a Natale il governo vara sempre una riforma della tv sfruttando la disattenzione generale: nel 2003, salvò Rete4 dal trasferimento sul satellite; oggi prende di mira Sky. E lo fa usando lo strumento del decreto senza alcun confronto parlamentare". Roberto Rao (Udc) si chiede come mai il governo rinunci a battaglie ben più serie, "come il recupero dell'evasione del canone Rai", mentre Pancho Pardi (Idv) collega le leggi salva-premier sulla giustizia a quelle salva-Mediaset, sulla televisione.

(16 dicembre 2009)

L'UNITA'

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2009-12-16

Pubblicità, Mediaset pigliatutto Romani: pronto il tetto per Sky

di Marco Tedeschitutti gli articoli dell'autore

Prima la pugnalata sull’iva per gli abbonamenti alla pay-tv, che l’anno scorso fu portata al venti per cento. Oggi l’attacco alla raccolta pubblicitaria. Riprende la battaglia tra il governo e Sky, con il primo accusato dalle opposizioni di scrivere decreti in favore di Mediaset, la tv del premier. Secondo indiscrezioni di stampa non smentite, l’esecutivo attraverso il recepimento della direttiva europea "Tv senza frontiere " avrebbe infilato l’ennesimo colpo basso alla tv di Rupert Murdoch.

LA GUERRA SUI TETTI

La mossa riguarda i tetti orari agli spot fissati dalla legge. In sostanza, oggi la tv satellitare può farcire di pubblicità i suoi programmi fino a un massimo del 18 per cento di ogni ora trasmessa. Limite che adesso il governo vuole abbassare al 12. Lo prevede il decreto che il viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani porterà domani in consiglio dei ministri. La misura interessa tutte le televisioni a pagamento, quindi anche Mediaset Premium. Il problema è che la pay-tv della famiglia del premier non arriva ancora a raccogliere il 12 per cento di pubblicità per ogni ora trasmessa. Quindi non subirebbe alcuna limitazione. "L’ipotesi di differenziare i tetti di affollamento pubblicitario tra la tv free e la pay - ha spiegato Romani- è una possibilità che il ministero sta verificando in base alle indicazioni della nuova direttiva Ue". Ma il decreto sarebbe ancora allo stato di bozza e quindi passibile di modifiche. Ieri però per addolcire la pillola il viceministro ha annunciato l’ok alle trasmissioni del nuovo canale digitale terrestre di Sky "Cielo". Un’autorizzazione attesa da tempo dalla tv di Murdoch.

DECRETO AD AZIENDAM

Nel frattempo è scoppiata la polemica politica, con le opposizioni che denunciano l’ennesimo "decreto ad aziendam". Tra i primi a puntare i piedi l’ex ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni, per il quale il decreto sarebbe "un vero e proprio ribaltone del sistema televisivo ad uso e consumodelle reti Mediaset. Il blitz, infatti - spiega l’esponente del Pd - produrrebbe una overdose di spot per le tv di Berlusconi che già raccolgono il 63,8% della pubblicità tv". Sulla stessa linea il capogruppo del Partito Democratico in commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera, Michele Meta, che chiede al viceministro Romani di riferire in aula. La questione scotta e in molti ieri hanno soffiato sulla girandola dei commenti. "Per chi lavora il governo?", si domanda Francesco "Pancho" Pardi, senatore e capogruppo Idv in Vigilianza Rai. "Mentre il genio pontieri escogita lenormesalvapremier - sostiene Pardi - nelle segrete stanze i guastatori stanno escogitando il decreto salva-Mediaset, che ha per obiettivo la salvaguardia del patrimonio di famiglia Berlusconi ". Sonoinvece concretamente preoccupati a Fox Channels Italy, dove temono che l’eventuale abbassamento dei tetti pubblicitari possa costringere l’azienda a "tagliare posti di lavoro". Mentre le emittenti locali chiedono invece che venga "azzerata la pubblicità sulla pay tv". Sulla stessa linea anche i consumatori.

16 dicembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-12-16

Tremonti, con lo scudo rientrano almeno 5 punti di Pil

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16 dicembre 2009

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti si mantiene prudente sull'entità dei capitali rientrati attraverso lo scudo fiscale e, conversando alla Camera con i cronisti, indica la cifra di 80 miliardi. "È stato giusto - spiega - mettere a bilancio un euro e poi salire fino ad 80 miliardi".

Poi aggiunge di non conoscere precedenti di un rimpatrio "di 5 punti di Pil in tre mesi". In ogni caso dati più precisi si avranno nelle prossime ore, forse già stanotte quando "ci saranno i dati stile exit poll e nei prossimi giorni quelli ufficiali". Dalle ultime indicazioni che arrivano dal settore finanziario e da fonti di maggioranza il rimpatrio sarebbe in realtà più corposo assestandosi a 100-110 miliardi.

Tremonti ricorda che "in bilancio avevamo messo un euro. Quindi se avessimo incassato due euro sarebbe stato un successo al 100%. Poi è stato ipotizzato che fossero rientrati intorno agli 80 miliardi tanto che la copertura addizionale della Finanziaria è stata di 3,7 miliardi". Ma come impiegare il gettito extra di un'eventuale riapertura? "Saremo prudenti - spiega Tremonti - anche perchè si tratta di entrate una tantum. In ogni caso - dice il ministro ai giornalisti - non scambiate il dito con il cielo: quello che conta non è quanto incassa lo Stato ma soprattutto cosa rientra in Italia".

Parlando della precedente versione dello scudo fiscale Tremonti racconta: "l'altro scudo è stato fatto in un contesto diverso: c'erano i paradisi, non c'era l'incertezza politica degli anni passati...". Inoltre con la precedente versione "la cosa strana è che entrò quasi tutto da Piemonte e Lombardia. Era vecchio capitalismo, erano i nipoti di chi negli anni aveva accumulato capitali dall'estero. Ora l'impressione è che siano presenti quasi tutte le regioni". In ogni caso "il tempo dei paradisi è over". "C'è inoltre una nuova politica europea e - rivendica il ministro - il mandato a gestire la ministeriale Ocse del 2010 il G20 l'ha dato all'Italia".

Sulla qualità dei rimpatri attuali Tremonti spiega che dalle prime indicazioni "i rimpatri reali sono superiori a quelli virtuali. Questo vuol dire anche che c'è fiducia verso l'Italia e il Governo. Si diceva che i capitali votano con le gambe: prima votavano uscendo ora rientrando". Inoltre gli accertamenti fiscali "continueranno, anzi saranno intensificati anche con gli altri paesi europei: la logica del G-20 è quella di continuare con la lotta ai paradisi fiscali".

16 dicembre 2009

 

 

Scudo fiscale, scommessa vinta in attesa delle riforme

di Isabella Bufacchi

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16 Dicembre 2009

Scudo fiscale, scommessa vinta in attesa delle riforme

La "fuga dei capitali" ha invertito il senso di marcia. Segno che i tempi sono cambiati e che lo scudo fiscale, nella sua terza edizione che si è chiusa ieri, ha funzionato. I paradisi fiscali non sono più un approdo sicuro, incrinati da un segreto bancario sempre più vulnerabile. Un esercito di "scudati" si è messo in regola con il fisco, riportando capitali in Italia per decine di miliardi. La crisi economico-finanziaria ha rilanciato la lotta all'evasione su scala internazionale: gli interventi duri di Usa, Regno Unito, Francia, Italia e le misure Ocse dimostrano che questa volta si può fare sul serio.

L'inasprimento del fisco contro l'evasione fiscale sul terreno nazionale è stata una conseguenza naturale di questo fenomeno mondiale e non solo uno strumento per il giusto obiettivo di far pagare le tasse dove è dovuto. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha tenuto alta la tensione. Il crollo dei mercati ha scosso altre certezze che hanno alimentato fin dal dopoguerra l'esportazione illegale dei capitali: la convenienza di far gestire, dietro pagamento di commissioni salate, il proprio patrimonio da intermediari più o meno preparati a centinaia o anche migliaia di chilometri di distanza. Con comunicazioni stringate, documentazioni cartacee rarefatte. Persino le motivazioni dei capitali in fuga dall'Italia per paura del comunismo (dagli anni di piombo alla caduta del muro di Berlino) o della bancarotta dello stato (la crisi della lira del '92) non reggono più: l'Italia è entrata nella nuova fortezza dell'Unione monetaria europea per non uscirne più.

Il successo dello scudo ter conferma che in molti si sono convinti che vale la pena mettersi in regola con il fisco (in definitiva, con il proprio paese), conservando l'anonimato inossidabile dello scudo, prima che la Guardia di finanza bussi alla propria porta. Di questi, molti hanno riportato i capitali in patria. Una buona opportunità per la finanza pubblica, con il gettito dello scudo già ipotecato per interventi sociali, ma anche per l'economia reale, se questa liquidità entrerà nel circolo virtuoso dei sani investimenti.

I capitali rimpatriati dagli imprenditori, anche sotto forma di investimenti finanziari, potranno essere trasformati alla prima occasione in liquidità o utilizzati come forma di garanzia per il rafforzamento patrimoniale di aziende sottocapitalizzate, per ripagare in parte o estinguere debiti bancari i cui costi sono saliti alle stelle. Allentando quella morsa del credito dovuta a un misto di vecchi criteri di Basilea2, sofferenze bancarie in aumento e ritocco all'insù del capitale nei bilanci delle banche a fronte degli impieghi ponderati per i rischi. I capitali rientrati in Italia nel private banking, nelle gestioni patrimoniali e nei fondi possono essere uno stimolo per un'economia che, solo un anno fa, era travolta dal fiume in piena del panico degli investitori. Lo scudo fiscale tre ha rimpolpato anche le casse dello Stato: non solo con un allargamento della base imponibile ma anche con un extra-gettito che entro venerdì sarà quantificato con esattezza, tra i 3 miliardi nella peggiore delle ipotesi a 5,7 miliardi nel migliore dei casi. Anche il Governo può impegnare questo incasso in investimenti virtuosi per sostenere lo sviluppo: come il recente piano Sarkozy che ha potenziato il sostegno alla ricerca. Ma in prospettiva il Governo può fare molto di più, anche al fine di stanare gli evasori, tenuto conto che allo scudo ter farà seguito una breve riapertura per poi chiudere definitivamente i battenti di questa sanatoria. C'è tutto un lavoro da fare per costruire un fisco strutturalmente più amico e orientato alla crescita. Ieri è stato avviato un utile confronto con le parti sociali per un avviso comune. È tempo di avviare una riforma vera, per il rinnovamento e la semplificazione del sistema e per liberare risorse per la crescita.

16 Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

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